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lunedì 9 novembre 2015

SPECTRE - 007

SPECTRE (2015)




Un film di Sam Mendes.
Con Daniel Craig, Léa Seydoux, Ralph Fiennes, Ben Whishaw, Naomie Harris,Dave Bautista, Christoph Waltz, Monica Bellucci, Andrew Scott, Rory Kinnear, Jesper Christensen, Detlef Bothe, Brigitte Millar, Marc Zinga, Stephanie Sigman, Alessandro Cremona, Peppe Lanzetta
Titolo originale Spectre.
Spionaggio


Dopo 3 anni è sul grande schermo l'ultimo episodio ispirato alla creatura di Ian Fleming: Spectre.Cominciamo subito dalla sceneggiatura, che torna nelle mani John Logan   e Neall Purvis, quest'ultimo oltre a lavorare a “Skyfall” aveva messo mano anche su “Quantum of Solace e “Casino Royale”.
Questo film è il secondo capitolo (dopo Skyfall) della tetralogia con Daniel Craig, che  esamina più a fondo il personaggio di James Bond analizzandone il passato, portandolo alla luce poco alla volta. Questa continuazione e non capitolo finale della nuova saga di James Bond è stata pesata bene, analizzando e distribuendo il tutto attraverso diverse scene che con la giusta dose di ritmo, armonia, ironia, spettacolarità ed effetti visivi (effetti digitali ce ne sono davvero pochi e non servono affatto) permettono allo spettatore  di essere coinvolto in un’azione non tanto spettacolare quanto continuativa, portandolo da uno splendido centro storico romano alla metropoli ormai futurista londinese, dal deserto alle spalle di Tangeri alle splendide montagne innevate austriache.
Il ritorno sulla scia lasciata da Skyfall, esaminando il passato del protagonista James Bond, non è affatto una scelta tediosa: non sono presenti scontati flashback, cambiamenti nel ritmo, spiacevoli e fuori luogo sottolineature, permettendo invece allo spettatore di restare sull'azione e divertirsi di fronte allo spettacolo eccezionale di certe azioni create senza l'uso di effetti digitali; il film è stato girato integralmente su pellicola Kodak 35 mm (!). Questa volta Roger Deakins passa il testimone a Hoyte Van Hoytema, D.O.P. di Interstellar e Her.
Risultato: meno barocco del predecessore Skyfall, ma non da meno è l’uso della luce: le scene in Austria e a Roma sono superbe. Ma è un film più patinato, meno “esplosivo” e più “polveroso”, come il passato della storia che viene ripulito poco alla volta.
Sam Mendes passa dallo spettacolo visionario a uno stile più iconico, sottile e più fedele al classico. Il lungo piano sequenza iniziale è sobrio ma visionario, moderno; poi parte la storia, lunga e concentrata in una miriade di posti spettacolari e sparpagliati per l’Europa e il Nord Africa, non dimenticando un magistrale prologo a Città del Messico. Gli inseguimenti e le scene d’azione sono veloci e abbastanza numerose. L’inseguimento a Roma (senza traffico!) è una splendida cartolina ricordo dell’intera serie di James Bond.
Il tutto è raccontato velocemente (2 ore e mezza di film davvero rapidi), zero retorica, zero smancerie, zero perdite di tempo e di ritmo.
Questa volta non c’è spazio all’analisi del “nuovo” James Bond; un’analisi che ormai è inevitabile fare ad ogni uscita, dati i 23 film alle spalle, con una pausa tra di loro mai superiore ai 6 anni. I riferimenti ovviamente non mancano, come l’ironia. Tanti gli occhi strizzati a situazioni memorabili e immortali, che non sarebbe stato difficile aver fatto stridere se non ricreati e messi al momento giusto da una mano calda e attiva come quella di Mendes: dirige gli attori molto bene, anche se come al solito la Bellucci deve tediare la scena con la sua voce impastata e dialettale, mischiata ormai anche a un francese tutto suo. Almeno dura poco.
James Bond è sempre in forma, in tiro, pesato bene, simpatico, nulla di dire perchè Craig è bravo e lo dimostra costantemente.
Waltz è tanto cattivo e pazzo come dovrebbe appunto essere il capo della Spectre. Lo incarna perfettamente, senza essere macchietta o fare le sue smorfie che lo hanno reso celebre nelle pellicole di Tarantino. Attore stratosferico. L’incontro nel deserto tra Blofeld e James Bond, dopo una lunga e bella citazione a “Dalla Russia con amore”, ci troviamo in “Licenza di uccidere” e “Si vive solo due volte”. Purtroppo qui il ritmo cala un poco, ma il film si tira sù subito dopo per il gran finale.
Un grande personaggio quello di M che qui dà sfoggio alla sua personalità, diventando quasi un vice 007. Ralph Fiennes non è il commissario Gordon/Oldman, ma prende armi e forza e spacca lo schermo con la sua presenza.
La guardia del corpo di Blofeld è Mr. Hinks, interpretato dall’angusto e imponente Batista,tetro e spaventoso quanto deve esserlo un “cattivo” di James Bond.
Il risultato è un’ottimo prodotto e un ottimo film con James Bond. Degno di citazione e da rivedere, un cult che sfoggia Craig come uno dei migliori James Bond visti sullo schermo e anche una delle migliori produzione a pacchetto completo
Unica pecca, la colonna sonora: un po’ sottotono e nascosta chissàdove.

mercoledì 28 ottobre 2015

Fantozzi

Un film di Luciano Salce. Con Paolo Villaggio, Anna Mazzamauro, Gigi Reder, Giuseppe Anatrelli, Liù Bosisio.Comico, durata 100 min. - Italia 1975


Dopo 40 anni dalla prima proiezione di Fantozzi, ritorna al cinema la pellicola restaurata ex novo, confermandone il capolavoro che non perde smalto nè forza.
Il personaggio, il ragioniere Ugo Fantozzi, è il ritratto totale dello spettatore (italiano) medio, di oggi e di ieri: un personaggio negativo, ignorante, poco furbo, sfortunato, che ognuno di noi incarna sotto qualche aspetto. La caricatura dei luoghi comuni, delle situazioni, la distruzione del benessere, del ben pensare, cambia lo spettro della realtà in un’atmosfera da Luna Park.
Una dissacrazione della vita per chi è di razza “fantozziana”, Villaggio crea il “belpaese” dei balocchi, con tanto di burattini al servizio di un sistema controllato da altrettanti pupazzi caricaturati, senza mai un accenno di lieto fine, anzi. Ci troviamo di fronte a un’immagine difficilmente digeribile da molti, un ritratto negativo di tutto dove le persone “normali” sono appunto comparse o personaggi immobili, da decoro. Non c’è rivalsa da parte dei protagonsiti, nemmeno alla fine. Gli “inferiori”, ovvero gli impiegati, sono deboli e smidollati: vengono gettati a turno nell’acquario dei dirigenti e alcuni diventano letteralmente poltrone (la famosa poltrona di pelle umana); pezzi meccanici inter scambiabili che formano la catena di montaggio grottesca che produce l’italia del consumismo, dell’inganno, dell’ingenuità e dei sogni di qualcun altro.
Villaggio crea un’opera mastodontica, la “Terra dei cachi” è già sullo schermo vent’anni prima che gli EELST la trascrivano sugli spartiti. Come nel teatro greco, la scelta dell’ assurdo è l’arma più azzeccata. Lo spettatore, come di fronte a un cartone animato con Willie il Coyote, vede il protagonista alzarsi sempre in piedi dopo aver subito anche le più estreme intemperie. Fantozzi non è solo, Villaggio lo contorna di altri strabilianti personaggi che non sono semplici macchiette, bensì altri più piccoli Fantozzi; basti pensare alle medesime sventure che insieme al ragioniere vivono il geometra Calboni, il ragioniere Filini, la famiglia, la famosa nuvola da impiegato, che possiedono tutti gli impiegati, nessuno escluso, oppure la tristissima e tragica festa di Capodanno, che miete vittime come il ristorante cinese. Ovviamente l’erba del vicino è sempre più verde e quindi il nostro protagonista dev’essere la Prima vittima.
Il personaggio di Ugo Fantozzi è fragile ma con un minimo di coscienza e un briciolo di onestà, ma proprio per questo può essere giarto e rovesciato come un guanto dal potere e dai padroni. Uno dei messaggi principali che l’autore vuole dare allo spettatore è che non basta essere onesti e condurre una vita ordinaria, perchè all’interno di un certo sistema, è quest’ultimo che comanda e non c’è il modo di sconfiggerlo dall’interno. Non c’è.

La bomba Fantozzi è eterna, infinita, negativa, ancora non del tutto esplorata, perchè può essere aggiornata ai nostri tempi. Fantozzi è un uomo-macchina, che non si evolve ma si aggiorna, e che ha lasciato come eredità emblemi e icone, mastodontiche ed eterne, che elevano la cultura, la libertà, l’identità e i valori dell’uomo tra le coperte pesanti e spesse di una critica così profonda e pungente che ancora oggi abbaglia e spaventa.

martedì 9 giugno 2015

Mad Max: Fury Road

Mad Max (2015)
Un film di George Miller.Con Tom Hardy, Charlize Theron, Rosie Huntington-Whiteley, Zoë Kravitz, Nicholas Hoult, Riley Keough, Nathan Jones, Josh Helman, Hugh Keays Byrne, Debra Ades, Abbey Lee, Angus Sampson, Megan Gale, Courtney Eaton, Melissa Jaffer, Richard Norton, John Howard Azione, Durata 120 min. - USA, Australia 2015.


Un ritorno al passato o una rinascita per il futuro? George Miller torna alla regia della serie Mad Max e richiama il deludente terzo capitolo salvandone i punti di forza (la coralità, l'eroismo, la profondità extraumana dei personaggi) e proponendoli in questa pellicola che fa da introduzione a un'ambiente che mancava sui grandi schermi ormai da troppi anni. Un mondo, "ucciso da qualcuno", in cui v'è solo sabbia, ma in odor di un passato più sereno, abitato da esseri strani, sopravvissuti, e spesso inseriti in situazioni fortemente accennate per giocare maggiormente con l'immersione e il coinvolgimento dello spettatore nel film.
Eroi, cattivi, vittime, razze, etichette, dettagli estremamente curati, sia per le persone che per le cose, e tante esplosioni, scontri, combattimenti, sfide, fughe, quanto più di primitivo, istintivo e naturale potesse scaturire da un ambiente come quello ritratto. La trama è scheletrica, ma ha ossa d'acciaio e ha fondamenta ben salde, tanto da permettere la rinascita del filone (perfetto per gli anni Settanta, speriamo non sia sprecato per quest'epoca). Effetti visivi e speciali da brivido, con trucchi classici e volutamente retrò, come l'accelerazione video, scenografie da urlo, trucchi curati, mai eccessivi.
Miller dirige gli attori in maniera fine e delicata, molto sensibile, e inserisce quel livello necessario di pazzia e follia che decora i dialoghi, dettagli, espressioni, clichè ecc al punto da ricreare un universo che di terrestre ormai ha ben poco, come appunto ritraeva/accennava il terzo capitolo di Mad Max.

lunedì 2 febbraio 2015

AMERICAN SNIPER (2015)

Un film di Clint Eastwood.
Con Bradley Cooper, Sienna Miller, Jake McDorman, Luke Grimes, Navid Negahban, Keir O'Donnell, Kyle Gallner, Sam Jaeger, Brando Eaton, Brian Hallisay, Eric Close, Owain Yeoman, Max Charles, Billy Miller, Eric Ladin, Marnette Patterson, Greg Duke, Chance Kelly
Azione
Durata 134 min.
USA 2015

Clint Eastwood e Bradley Cooper contro la guerra; ma una "guerra" che esce dagli stereotipi di come di solito la si intende: non è più la singola battaglia che fa da metafora alla tragedia della guerra, con i suoi morti, gli eroi giusti, i cattivi, le istituzioni retoriche e affariste che decidono da continenti lontani il destino dei propri soldati e quello di migliaia di famiglie, la cui unica colpa è di non essere vissuti in altre zone del mondo. La "guerra" citata all'inizio è il Male, senza coscienza e senza cattiveria, un male che non può essere sanato, ma solo allontanato. La pace è Chris Kyle, texano, cowboy, che a trent'anni decide di arruolarsi per poter salvare i suoi "amici" Americani che sono andati a combattere. Paradossale ritrarre il concetto di pace in un uomo che ufficialmente ha ucciso oltre 200 persone e chissà quante altre non registrate; ma i personaggi di Eastwood non erano tanto diversi.
Dal lato tecnico, il film, per motivi di produzione, di pubblico, di doveri nei confronti della storia vera, ha "dovuto" contenere scene di famiglia, scene retoriche, americane, oltre alle perfette scene di guerra girate magistralmente. Regia, fotografia, pesate e studiate minuziosamente (la scena della fuga nella tempesta di sabbia è superba). Il finale con la didascalia, a mio avviso, è da solo metà film. Non v'è retorica in quel messaggio, perchè, come la morte, quando arriva è troppo tardi. Come in tutto il film, la politica, il Presidente, i terroristi, le istituzioni, sono secondari, messi da parte, perchè la guerra è descritta come un male così vasto e infettiva che è impossibile da descrivere, si può solo provare ma poi è troppo tardi. Eastwood dice al pubblico che non si può guarire da soli, perchè è il mondo umano che deve guarire. Non è nemmeno condannata la morte dell'individuo, sennò sarebbe discriminazione nei confronti di tutte le vittime uccise dal protagonista e lui varrebbe più di tutte loro. Eastwood va oltre, compie un'osservazione così dall'alto che risponde alle voci bisognose e ignoranti delle persone, che non si rendono conto di ciò che vale davvero finchè non lo perdono. Non è così importante la vita in sè di una persona, ma lo è se mossa da assoluti (in questo caso salvare gli americani che potrebbero rimanere uccisi dal fuoco nemico e non andare in M.O. per uccidere i terroristi, oppure combattere ciò che la guerra ha fatto ai compagni soldati). Chris Kyle (nel film) segue i suoi principi istintivi, non sa dare una risposta a ciò che gli viene da compiere e nemmeno se lo chiede, sa che è giusto. Il marchio Eastwood dovrebbe aiutare molto lo spettatore a entrare in questa filosofia ma ha incontrato una critica molto spigolosa a più facce. Non solo la critica ma anche il pubblico ovviamente si è diviso e in non solo due parti. Non essere americani ovviamente non ha aiutato di certo.
Chi ha detto che è un' "americanata", per il senso della famiglia (un po' retorico), per il finale, per le bandiere ecc, a mio parere ha torto: non c'è nessun americanismo in tutto questo, perchè il patriottismo, la fiducia nel prossimo, l'altruismo, la risposta alla violenza, la famiglia, l'istinto di voler far del bene, dovrebbero essere elementi trascinanti di tutti e non solo degli americani.
C'è chi si è lamentato di troppe scene inutili, anche se secondo me erano necessarie a dare un ritratto completo del personaggio. Forse non è stato scritto al meglio e Eastwood l'ha praticamente salvato. Non era previsto fosse così un successo al botteghino e tutto sommato anche di critica. Molto classico, con una struttura narrativa molto scheletrica, di poche parole. Un film molto più attivo che passivo, decisamente non lascia indifferente lo spettatore, come se ci fosse una sorta di provocazione verso lo spettatore e in effetti c'è. Lo spettatore diventa un uomo qualunque, talmente invisibile che non siamo in grado di combattere contro nemici così grandi, di natura però strettamente umana, come la guerra. Ecco il vero ritratto della critica di Eastwood: in un mondo come questo, considerando il Novecento alle spalle (il secolo più sanguinoso della storia), l'uomo deve vivere nella coscienza di alti valori, riconoscendo la sua fragilità dovuta all'ignoranza e alla mancanza di memoria.


mercoledì 9 ottobre 2013

Gravity

Gravity (2013)



Finalmente Gravity è approdato al cinema! Dopo 5 anni di lavorazione, Cuaròn ha realizzato il sogno di anticipare la storia, portando sullo schermo il nuovo (dal punto di vista dell'innovazione degli effetti speciali) 2001: Odissea nello spazio. Volteggi e acrobazie, disastri e tensione senza staccare quasi mai i piani sequenza così cari al regista. Maestro della coordinazione e dei colpi di scena, coreografo perfetto e artefice di un mondo sospeso tra lo spazio come lo conosciamo già e il nostro pianeta, così vicino e così impenetrabile. Ma non basta il risvolto religioso a fare da filo conduttore alla storia (la Madonna col bambino ortodossa, l'angelo Clooney, il Buddha cinese) e nemmeno la bravura e la pazienza degli attori, che hanno dovuto sopportare ore e ore di preparazione, di prove, all'interno delle tute spaziali in un ambiente green screen  3 x 3 x 3 metri. Bullock e Clooney incarnano due astronauti, Stone e Kowalski, radicalmente opposti: una è alla sua prima missione e detesta lo spazio, l'altro è alla sua ultima ed costantemente abbagliato dall'atmosfera (figurativo) che lo circonda. Vittime della stessa tragedia, s'incontrano e vivono in simbiosi quello che il destino ha preservato per loro.
Inutile sottolineare che il "manifesto" dell'intero film è dedicato alla sua realizzazione tecnica, con la fotografia magistrale di Lubezki, che ha dovuto sopportare i repentini cambi d'inquadratura a 360° in piani sequenza interminabili, ma già si era fatto il callo sul set de I figli degli uomini nel 2006, sempre con la regia di Cuaròn. Con quest'opera visivamente impeccabile, si aprono le porte di un futuro concettualmente più vicino alla filosofia umana, più aperta e profonda verso uno spettatore che è stanco di non riuscire più a mettersi a confronto con ciò che ha di fronte.


Un film di Alfonso Cuarón. Con Sandra Bullock, George Clooney, Ed Harris, Orto Ignatiussen, Phaldut Sharma. Fantascienza, Ratings: Kids+13, durata 92 min. - USA, Gran Bretagna 2013. - Warner Bros

lunedì 2 settembre 2013

GANGSTER SQUAD



Gangster Squad (2013)

In questi anni dove i flop si sprecano e la ricerca del classico è più dura di un esorcismo non possiamo rimanere delusi da un esperimento senza tempo come questo capolavoro di fotografia "fumettosa" che deve la sua arte e il suo stile a Gli Intoccabili e Dick Tracy. Nessuno vuole fare confronti perchè gli anni passano e il pubblico è cambiato. Una storia quasi scontata ma vera, con un supporto di attori azzeccato, poco approfondito, ma potente come una novella caricaturale, dove il cattivo è davvero un'icona e i "buoni" agiscono come delle macchine da guerra, pieni di orgoglio e di voglia di stendere per le strade i delinquenti mafiosi che vestono impermeabili nero pece e hanno facce losche sfregiate dal Male.
Divertente, ottimo ritmo, battute azzeccate e non, come hanno detto, stereotipate. Il genere è questo e così deve essere fatto. Un disagio di fondo però lo si respira, per la regia a volte non troppo sorprendente.
C'è anche Nick Nolte. Formidabile Sean Penn!


Un film di Ruben Fleischer. Con Ryan Gosling, Emma Stone, Sean Penn, Anthony Mackie, Josh Brolin. , Giovanni Ribisi, Robert Patrick, Michael Peña, Sullivan Stapleton, Nick Nolte, Frank Grillo, Mireille Enos, James Carpinello, Ron Pucillo, Ambyr Childers, Derek Mears, Troy Garity, Josh Pence, Jon Polito, Brandon Molale, James Hébert, Holt McCallany, Jack McGee Thriller, Ratings: Kids+16, durata 113 min. - USA 2013

martedì 9 luglio 2013

Lone Ranger (2013)



Lone Ranger

Bruckheimer, Verbinski e Jhonny Depp in un nuovo mega prodotto Disney! Coglie nel segno il ritratto degli eroi per caso e li segue svelandone la natura e scavando nel passato. Molti piacevoli deja vu dei vecchi western, anche se la pellicola ha meno di western americano e molto più di quello italiano, ma le citazioni non  comportano scopiazzature e nemmeno omaggi dichiarati, bensì rivisitazioni di situazioni oniriche e ciniche spesso molto divertenti. Il primo pubblico è quello di leva giovane, ma tutti si possono divertire. Peccato per i due protagonisti, un po' sottotono a confronto con la magnificenza della parte tecnica: perfetta la fotografia! Apprezzabile la "magia del racconto" voluta sottolineare da Verbinski e la parola Progresso, cioè lo sguardo al futuro, è onnipresente! Lo stesso Tonto riesce ad evadere dal museo e a fuggire dal suo ruolo di macchietta/attrazione da circo. Esagerata ma ben coordinata la "scenona" finale che sopra al tappeto rosso del William Tell n'evince la sperata sorpresa del "finalone" rossiniano indiscutibilmente all'italiana.

Un film di Gore Verbinski.
Con Armie Hammer, Johnny Depp, Ruth Wilson, Tom Wilkinson, Helena Bonham Carter, Barry Pepper, James Frain, James Badge Dale, William Fichtner, Harry Treadaway, Matt O'Leary, Leon Rippy, W. Earl Brown
Titolo originale The Lone Ranger. Avventura, durata 135 min. - USA 2013. - Walt Disney